La falange obliqua di Epaminonda ed il pensiero laterale nel tuo Studio Notarile

Siamo soliti interagire con problemi, situazioni, contesti e persone sempre con il medesimo approccio, forti della consuetudine e dell’esperienza pregressa o per non uscire dalla nostra zona di comfort, sottovalutando il fatto che osservare la realtà da una prospettiva diversa potrebbe consentirci di scorgere soluzioni migliori

“Il pensiero laterale è la disponibilità a cambiare intenzionalmente

modello all’interno di un sistema basato su modelli.”

(Edward De Bono)

Ti starai domandando cosa c’entri il generale tebano Epaminonda con il tuo Studio Notarile.

Ebbene, fino al 371 a.C. le poleis greche lottarono tra loro disponendosi in falangi classiche (la falange era un’antica formazione di combattimento composta da fanteria pesante, i cui soldati erano armati di lance o picche, scudi e spada) ovvero l’intero esercito veniva disposto su linee di soldati, potenziando l’ala destra dal momento che i combattenti tendevano a difendersi con lo scudo del compagno alla propria destra.

I combattimenti avvenivano tra schieramenti speculari, in cui le truppe più forti e d’élite erano posizionate, appunto, sull’ala destra: Sparta aveva l’esercito più temuto e con fama di imbattibilità sul campo di battaglia.

Tutto ciò fino a quando a Leuttra, appunto nel 371 a.C., i Tebani cambiarono l’”angolo prospettico” della battaglia e sconfissero gli Spartani grazie alla falange obliqua (in greco antico Λοξή φάλαγξ, loxè fàlanx): una vera e propria tecnica di combattimento “inventata” dal generale Epaminonda, il quale decise di potenziare la spinta del fianco sinistro per il suo esercito.

Epaminonda scelse, infatti, di assottigliare il centro e la destra del suo esercito al fine di concentrare le sue forze migliori in uno schieramento profondo sulla sinistra, laddove nessuno si sarebbe mai aspettato.

All’inizio della battaglia inoltre, mentre la sinistra attaccava la prima linea di fronte, il centro e la destra avanzarono più lentamente in modo da ritardare il più possibile il contatto con il nemico (dando vita, appunto, ad una disposizione obliqua).

La strategia si rivelò geniale, cambiando la consuetudine e la prospettiva di approccio al combattimento: con i suoi fanti più capaci, disposti su linee molto profonde e quindi in grado di esercitare maggiore pressione, l’esercito tebano affrontò le truppe nemiche più agguerrite (il re di Sparta Cleombroto I e la sua guardia personale formata da truppe di élite, la cosiddetta agema), decimandole e mettendole fuori combattimento.

Epaminonda, dunque, conquistò la vittoria contro un esercito ben più attrezzato e preparato semplicemente cambiando l’angolo di attacco e affrontando la battaglia in modo diverso dalla consuetudine.

Alle volte le soluzioni migliori sono sotto i nostri occhi ma non riusciamo a vederle perché troppo presi dai ritmi frenetici del quotidiano che ci portano ad adottare velocemente le solite soluzioni, che per consuetudine replichiamo senza fermaci a riflettere se siano (ancora) le scelte migliori da perseguire.

Dire “si è sempre proceduto così”, “mi sono sempre regolato in questo modo”, “chi mi ha insegnato ha sempre fatto così” non vuol necessariamente significare che si tratti della soluzione migliore o che non vi possano essere alternative preferibili.

Quante volte hai “attaccato frontalmente” problemi, situazioni e persone nel quotidiano?

Probabilmente un piccolo cambiamento o scostamento dell’ “angolo di assalto potrebbe consentirti di ottenere risultati inattesi e più proficui.

Forse dovresti adottare il pensiero laterale: come afferma infatti Edward De Bonoil pensiero laterale è la disponibilità a cambiare intenzionalmente modello all’interno di un sistema basato su modelli”.

Il pensiero laterale è di natura intuitiva e si pone quindi come una vera e propria alternativa al “pensiero verticale”, ovvero quella tipologia di pensiero logica e consequenziale condizionata, che a volte ci rende “ingabbiati” e limitati nel nostro modo di vedere, interpretare e di conseguenza interagire con la realtà che ci circonda.

Con il passare del tempo i nostri pensieri, così come le nostre convinzioni si fanno sempre più radicate e ferme, rigide e sedimentate.

Il pensiero laterale nel tuo Studio Notarile

“Accontentarsi di un approccio o una soluzione “adeguata”

diventa il maggiore ostacolo alla ricerca di un’alternativa migliore.”

(Edward De Bono)

Il problem solving rappresenta una competenza trasversale ovvero una soft skill (leggi per un approfondimento anche l’articolo “L’Assistente notarile ambìto: non solo capacità ma soprattutto Soft Skills ”) e consiste nella capacità di saper fornire la migliore risposta possibile ad una determinata situazione critica e solitamente nuova: richiede una miscela di creatività ed intuito e non è, pertanto, cosa da tutti ma è una competenza che può essere allenata (leggi anche, per un ulteriore approfondimento, l’articolo “Il ruolo chiave dei “problem solver” nella quotidiana complessità dello Studio Notarile ”).

Con il termine pensiero laterale, coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono, si intende una modalità di risoluzione di problemi logici (problem solving) che prevede un approccio particolare, ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede la concentrazione su una soluzione diretta al problema.

Una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale -al contrario- se ne discosta (da cui il termine laterale) e cerca punti di vista alternativi per trovare la soluzione.

Il pensiero laterale assume la funzione di potenziale “scardinatoredelle convinzioni e logiche ormai date per scontate, che possono rendere difficile per le persone trovare una soluzione o anche solo un cambio di prospettiva del problema stesso.

In tutto questo anche la creatività ricopre un ruolo chiave, ovvero quello di catalizzatrice di intuizioni: permette cioè di affrontare le situazioni creando nuovi percorsi di pensiero.

Il pensiero laterale è la capacità di risolvere un problema attraverso il cosiddetto “approccio indiretto” ovvero affrontandolo da angolazioni diverse, in modo da poterlo prendere in esame in maniera differente e più approfondita: la capacità di vedere la realtà da punti di vista diversi ed innovativi.

Avvalendoci di prospettive differenti di pensiero possiamo essere elastici, vedere la stessa realtà da punti di vista alternativi, utilizzando il pensiero come una risorsa e non come un limite.

Il nostro cervello (nello specifico, l’emisfero sinistro) è continuamente, e per sua natura, alla ricerca di “scorciatoie”, “schemi già visti”, “relazioni tra oggetti e situazioni”, che ci permettano di individuare una soluzione senza sprecare troppe energie.

Riformulare le domande che ci poniamo è una delle tecniche di pensiero laterale più efficaci per risolvere un problema: come affermava, infatti, lo psicologo americano John Dewey “un problema ben formulato e già per metà risolto”.

Il pensare può sembrare solo un ragionare, nel senso dell’esercitare la ragione, ma il pensiero può essere esercitato anche in modo creativo, superando le logiche deduttive classiche per “scartare di lato” o per permettere che anche l’istinto e le emozioni ci suggeriscano una strada.

Si tratta di imparare a vedere le cose nella loro complessità, imboccando tutti i percorsi possibili del pensiero: “indossando un altro cappello” nell’affrontare un problema o una sfida, ci si libera dai pregiudizi o da elementi di disturbo derivanti da proprie inclinazioni caratteriali o da fattori emotivi personali.

Pensare è un vero e proprio processo che si può imparare a fare e che si può,  di conseguenza, insegnare.

“Cambiare cappello” permette di inquadrare il discorso da una specifica prospettiva escludendo l’affollamento dei pensieri, dividendo razionalità ed emotività: vi è una tecnica sviluppata da Edward De Bono, denominata “dei 6 cappelli, che consente di cambiare registro, di vedere tutti gli aspetti di un problema, affrontandoli separatamente per non metterne da parte nemmeno uno.

La tecnica dei 6 cappelli

Edward De Bono in uno dei suoi più famosi libri, “Sei cappelli per pensare”, illustra l’importanza di sforzarci ad assumere una posizione di pensiero differente da quella solitamente adottata.

Quando applichi questo metodo, interpreti sei ruoli diversi guardando al tuo problema da sei punti di vista differenti: appunto, i 6 cappelli.

Quando cambi cappello, interpreti un ruolo e ragioni in modo diverso: ti metti nella condizione di superare il tuo consueto modo di pensare, recitando una parte che non ti è familiare e che ti consente di comprendere ed approfondire meglio gli aspetti inesplorati del problema.

Sei più libero di agire perché è il tuo ruolo che ti protegge: non sei tu, è uno dei 6 cappelli che parla, e ti senti più a tuo agio nel seguire un certo tipo di ragionamento.

Indossando un cappello alla volta, riesci a separare gli elementi che tendono a sovrapporsi in un processo decisionale o creativo: ciò ti tiene lontano dalla confusione, perché quando sei davanti a un problema da risolvere intervengono contemporaneamente molte sfumature che non riesci a gestire in un blocco unico; meglio, dunque, affrontarle una alla volta.sei_cappelli_per_pensare

Vediamo, dunque, nel dettaglio i 6 cappelli.

  • Cappello bianco: neutralità

E’ il cappello obiettivo e imparziale: quando lo indossi non interpreti un fatto e non esprimi un’opinione, bensì elenchi cifre, numeri, dati e rispondi a domande precise, perché quanto più sei specifico tanto meno ti allontani verso considerazioni personali.

Non è facile essere neutrali, occorre uno sforzo perché ognuno di noi ha la tentazione di favorire o negare un’idea, oppure crede in qualcosa oltre il dato oggettivo. Se però ti comporterai come un computer privo di emozioni, avrai tra le mani dei dati di grande qualità.

  • Cappello rosso: emotività

Il rosso è il colore delle passioni: ogni nostra scelta è influenzata dalle sensazioni e dai sentimenti che proviamo, come ad esempio l’antipatia o la simpatia.

Le emozioni ci spingono verso un obiettivo o ci allontanano da un pericolo però è bene tenerle separate dai fatti per non indebolire l’efficacia del nostro pensiero. E’ un modo molto utile per vederci più chiaro e far emergere ciò che spesso agisce sottotraccia (le sensazioni e le emozioni).

  • Cappello nero: negatività

Con il cappello nero metti in luce tutto quello che non funziona o che potrebbe non funzionare in futuro: errori, rischi, punti deboli. Si tratta di evidenziare in modo obiettivo le lacune che possono indebolire una soluzione.

Usare il cappello nero è diverso dal pessimismo nero, perché il mondo delle sensazioni negative è compito del cappello rosso.

  • Cappello giallo: positività

Con questo cappello individui tutti i benefici e i vantaggi di un’idea: il pensiero giallo è positivo ma comunque legato a una base logica, così come avviene per il nero. Puoi anche ipotizzare delle opportunità al momento non ancora possibili, ma stando sempre con i piedi per terra: l’euforia e l’entusiasmo sul perché dovresti imbarcarti in un’avventura tienila per il cappello rosso.

Con questo cappello, inoltre, non ti devi preoccupare di trovare nuove idee: puoi proporre delle soluzioni concrete e già utilizzate. E’ facile confondere il capello giallo con quello verde della creatività (vedi più sotto): tieni presente che il primo tende all’efficienza di un’idea e il secondo all’innovazione di un’idea.

  • Cappello verde: creatività

Il cappello verde è quello del pensiero creativo e divergente: è con questo cappello che fai crescere un’idea, andando oltre ciò che è ovvio e già consolidato. E’ un salto in avanti, o meglio un salto di lato (pensiero laterale).

Se con i cappelli nero e giallo hai espresso dei giudizi sull’esistente, ora ti sposti verso il nuovo: esci dagli schemi e sfidi te stesso per arrivare ad un concetto completamente nuovo e inaspettato; vai alla ricerca di alternative, partendo sempre dai vincoli e dalle condizioni fissate dagli altri cappelli, al fine di rimanere con i piedi per terra.

  • Cappello blu: controllo (e sintesi)

Il pensiero, per essere efficace, ha bisogno di essere organizzato: il ruolo del cappello blu è quello dell’allenatore di una squadra, che organizza il gioco per raggiungere un obiettivo.

Il cappello blu si preoccupa di fare un riassunto dei risultati, di riepilogare le conclusioni e indirizzare il pensiero: rende più produttivo e focalizzato l’intero processo. Devi dunque saperti ascoltare e saper gestire tutto il processo.

L’obiettivo del metodo dei 6 cappelli è quello di “mappare” le diverse dimensioni del pensiero: si raccolgono in modo distinto tutti gli elementi e poi si uniscono; può accadere che dalla mappatura non emerga immediatamente nulla di convincente oppure che affiori uno spunto interessante per qualcosa di completamente diverso.

Il vantaggio della tecnica dei 6 cappelli è nella separazione forzata dei principali ingredienti del pensiero umano: mentre cambi cappello metti infatti ordine tra emozioni, logica, informazioni e creatività.

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